Disabilità

A denunciarlo è la senatrice pentastellata Manuela Serra in un’interrogazione al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. “È una porta sbattuta in faccia alle tante famiglie italiane che quotidianamente provano sulla propria pelle la difficoltà di garantire una ‘vita normale’ ai propri ragazzi autistici. Quando il decreto sull’aggiornamento dei Lea arriverà in Parlamento, daremo battaglia”. Ma secondo il ministero i nuovi Lea recepiscono in toto la nuova legge.

Autismo. M5S: “Gravissimo escluderlo da aggiornamento Lea” front7790726

19 LUG – “L’esclusione di una sezione dedicata all’Autismo dallo schema di decreto che aggiorna i Lea è una porta sbattuta in faccia alle tante famiglie italiane che quotidianamente provano sulla propria pelle la difficoltà di garantire una ‘vita normale’ ai propri ragazzi autistici. A queste madri e a questi padri, il governo aveva promesso di dare attuazione alla legge con uno stanziamento di 50 milioni di euro per il 2016, ma nell’allegato finanziario dei nuovi Lea di questi soldi non c’è traccia, così come del Fondo per la cura delle persone autistiche, istituito nell’ultima legge di Stabilità proprio grazie a un emendamento del M5S”. A denunciarlo è la senatrice M5S Manuela Serra in un’interrogazione al ministro della Salute Beatrice Lorenzin.

“A che gioco sta giocando il Ministro della Salute? Lo chiediamo direttamente a lei, preannunciandole già da ora che quando il decreto sull’aggiornamento dei Lea arriverà in Parlamento, daremo battaglia perchè venga corretto e perchè le legittime richieste delle famiglie di ragazzi autistici non rimangano ancora una volta inascoltate” conclude Serra.

Ma dal ministero assicurano che i nuovi Lea recepisno nuova legge su autismo. In ogni caso, in attesa della risposta ufficale del ministero in Parlamento a questa interrogazione, ricordiamo che nella recente conferenza stampa del ministro Lorenzin, nella quale sono state illustrate le novità dei Lea 2016, è stato chiarito che il nuovo schema di decreto recepisce la legge n. 134 del 2015, che prevede l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza per la diagnosi precoce, la cura e il trattamento individualizzato dei disturbi dello spettro autistico.

 

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Nuovi Lea. Il Ministero illustra il Dpcm. Lorenzin: “Dal Mef c’è via libera informale. A ore l’ok definitivo. E le risorse basteranno”

Presentati oggi al Ministero tutte le novità dei nuovi Lea. Dalla revisione dei nomenclatori di protesi e prestazioni specialistiche, passando per l’aggiornamento dell’elenco delle malattie rare e quelle croniche. E poi ancora nuovi vaccini, screening neonatale, endometriosi, celiachia, autismo (i Lea recepiscono in toto la nuova legge) e la Pma. E poi la svolta sull’appropriatezza.  SLIDES NUOVI LEA – VIDEO LORENZIN

Ashampoo_Snap_2016.07.19_18h16m50s_001_  Nuovi Lea. Il Ministero illustra il Dpcm. Lorenzin: “Dal Mef c’è via libera informale. A ore l’ok definitivo. E le risorse basteranno” Ashampoo Snap 201614 LUG – “Per quanto riguarda i nuovi Livelli Essenziali di assistenza (Lea) “abbiamo avuto il consenso informale del Mef e aspettiamo a ore la nota ufficiale. A quel punto il decreto andrà in Stato-Regioni e poi alle commissioni di Camera e Senato e così inizierà nuova stagione”. Con queste parole il ministro della Salute Beatrice Lorenzin in conferenza stampa detta i tempi dell’attesissimo Dpcm.

“Nei nuovi lea – ha detto Lorenzin – segniamo un nuovo metodo di lavoro con le categoria coinvolte”. Inoltre una volta approvati “permetteranno di erogare su tutto il territorio le stesse prestazioni già assicurate in alcune regioni”. E “qualora servirò aggiornarli, non servirò aspettare 15 anni, sarà possibile farlo di continuo: ogni anno verranno aggiornati”.

Il Ministro ha poi parlato anche delle risorse. “C’è voluto un tempo molto lungo per i Lea proprio perché abbiamo fatto un lavoro approfondito e secondo le nostre stime 800 mln sono sufficienti. In ogni caso, come tutte le cose nuove i Lea saranno migliorabili e perfettibili”.

Ma ad illustrare tutte le novità dei nuovi Lea ci ha pensato in conferenza stampa il Dg della programmazione del Ministero della Salute, Renato Botti.

Ecco in sintesi le novità:

Il nuovo nomenclatore della specialistica ambulatoriale
Il nuovo nomenclatore provvede al necessario e atteso aggiornamento del nomenclatore disciplinato dal decreto ministeriale 22 luglio 1996, includendo prestazioni tecnologicamente avanzate ed eliminando quelle ormai obsolete.

Vengono introdotte numerose procedure diagnostiche e terapeutiche che nel 1996 avevano carattere quasi “sperimentale” oppure erano eseguibili in sicurezza solo in regime di ricovero, ma che oggi sono entrate nella pratica clinica corrente e possono essere erogate in ambito ambulatoriale.
– individua chiaramente tutte le prestazioni di procreazione medicalmente assistita (PMA) che saranno erogate a carico del Servizio sanitario nazionale (fino ad oggi erogate solo in regime di ricovero)

– rivede profondamente l’elenco delle prestazioni di genetica e, per ogni singola prestazione, fa riferimento ad un elenco puntuale di patologie per le quali è necessaria l’indagine su un determinato numero di geni

– introduce la consulenza genetica, che consente di spiegare al paziente l’importanza ed il significato del test al momento dell’esecuzione, le implicazioni connesse al risultato al momento della consegna del referto ed, eventualmente, di fornire allo stesso il sostegno necessario per affrontare situazioni spesso emotivamente difficili

– introduce prestazioni di elevatissimo contenuto tecnologico (adroterapia) o di tecnologia recente (enteroscopia con microcamera ingeribile, radioterapia stereotassica)

Il nuovo nomenclatore dell’assistenza protesica.
Il nuovo nomenclatore dell’assistenza protesica consentirà, tra l’altro, di prescrivere:

– ausili informatici e di comunicazione (inclusi i comunicatori oculari e le tasIere adaEate per persone con gravissime disabilità)

– apparecchi acustici a tecnologia digitale
attrezzature domotiche e sensori di comando e controllo per ambienti
(allarme e telesoccorso)

– posaterie e suppellettili adattati per le disabilità motorie, barella adattata per la doccia, scooter a quattro ruote, carrozzine con sistema di verticalizzazione, carrozzine per grandi e complesse disabilità, sollevatori fissi e per vasca da bagno, sistemi di sostegno nell’ambiente bagno (maniglioni e braccioli), carrelli servoscala per interni

– arti artificiali a tecnologia avanzata e sistemi di riconoscimento vocale e di puntamento con lo sguardo

Revisione dell’elenco delle malattie rare
Il provvedimento prevede un consistente ampliamento dell’elenco delle malattie rare, realizzato mediante l’inserimento di più di 110 nuove entità tra singole malattie rare e gruppi di malattie Ad esempio, sono inserite nell’elenco: la sarcoidiosi; la sclerosi sistemica progressiva; la miastenia grave. Da notare come le prestazioni concernenti le malattie rare sono erogate in regime di esenzione.

Revisione dell’elenco delle malattie croniche
Importanti revisioni sono apportate anche all’elenco delle malattie croniche. Ad esempio:

– sono introdotte sei nuove patologie esenti: sindrome da talidomide, osteomielite cronica, patologie renali croniche, rene policistico autosomico dominante, endometriosi negli stadi clinici “moderato” e “grave”, broncopneumopatia cronico ostruttiva negli stadi clinici “moderato”, “grave” e “molto grave”

– vengono spostate tra le malattie croniche alcune patologie già esenti come malattie rare, quali: malattia celiaca, sindrome di Down, s. Klinefelter, connettiviti indifferenziate

Per la maggior parte delle malattie incluse nell’elenco sono individuate una serie di prestazioni fruibili in esenzione.
Per alcune particolari mala sono individuate puntualmente in quanto le necessità assistenziali dei pazienti sono estese e variabili. In tal caso, per garantire una maggiore flessibilità assistenziale, il medico le individuerà di volta in volta

Vaccini.
Vi è l’introduzione di nuovi vaccini (come: anti-Papillomavirus, anti- Pneumococco, anti-Meningococco) e l’estensione a nuovi destinatari (ad esempio, per il Papillomavirus il vaccino viene erogato anche agli adolescenti maschi)

Screening neonatale.
Vi è l’introduzione dello screening neonatale per la sordità congenita e la cataratta congenita e l’estensione a tutti i nuovi nati dello screening neonatale.

Endometriosi.
Viene previsto l’inserimento dell’endometriosi nell’elenco delle patologie croniche ed invalidanti, negli stadi clinici “moderato” e “grave”. Di conseguenza, si riconosce alle pazienti il diritto ad usufruire in esenzione di alcune prestazioni specialistiche di controllo. Si stimano circa 300.000 esenzioni

Celiachia.
La celiachia diviene, da malattia rara, una malattia cronica.
Ciò in quanto il percorso diagnostico di tale patologia non risulta, ad oggi, tortuoso, lungo e oneroso come avviene per i malati rari.

– sono mantenute in esenzione tutte le prestazioni di specialistica ambulatoriale comprese nei LEA, utili al monitoraggio della patologia e alla prevenzione delle complicanze e degli eventuali aggravamenti.

– come per tutte le malattie croniche è sufficiente una certificazione di malattia redatta da uno specialista del Servizio sanitario nazionale per ottenere il nuovo attestato di esenzione

Viene mantenuta la disciplina della concessione degli alimenti ai celiaci

Autismo.
Il nuovo schema di decreto recepisce la legge n. 134 del 2015, che prevede l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza per la diagnosi precoce, la cura e il trattamento individualizzato dei disturbi dello spettro autistico

Procreazione medicalmente assistita.
Sino ad oggi le prestazioni di procreazione medicalmente assistita erano erogate solo in regime di ricovero. Per il futuro:

– viene previsto l’inserimento nel nomenclatore della specialistica ambulatoriale di tu9e le prestazioni necessarie nelle diverse fasi concernenti la procreazione medicalmente assistita, omologa ed eterologa.

– Tutte le prestazioni di raccolta, conservazione e distribuzione di cellule riproduttive finalizzate alla procreazione medicalmente assistita eterologa sono a carico del Servizio sanitario nazionale.

Le risorse.
Gli 800 milioni di euro stanziati dalla legge di stabilità vengono, quindi, allocati nei 3 livelli assistenziali, destinando:

– 600 milioni per l’assistenza distrettuale (così suddivisi: specialistica 380 milioni, protesi 153 milioni);

– 220 milioni di euro per la prevenzione sanitaria (vaccini);

– I 20 milioni di euro aggiuntivi derivano da un risparmio dovuto al trasferimento di prestazioni dall’assistenza ospedaliera ad altri ambiti assistenziali.

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http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=41628

A scuola, io ero per tutti la sorella del disabile”.“La disabilità di mio fratello mi lascia impotente quando vedo che viene lasciato solo” sono alcune testimonianze di siblings che fanno riflettere

 

Comprendere cosa sia la disabilità nella quotidianità di qualcuno che nasce o diventa fratello o sorella di una persona disabile è un punto di vista che spesso viene trascurato, ma che ha molto da dirci e che molto merita di essere indagato. Parleremo in altro momento nel dettaglio di quanto e come l’avere un fratello disabile travolga e investa la vita del sibling, così come ce lo spiegano e ne studiano la psicologia e le neuroscienze. Qui invece vorrei toccare con mano la questione reale, riportando alcune testimonianze dirette di ragazzi – tutti giovanissimi – che hanno raccontato le loro esperienze di fratello o sorella di persona disabile alla platea dei partecipanti del convegno “Specialmente fratelli – la sfida di crescere con un fratello disabile” tenutosi a Padova lo scorso 27 marzo. Lo voglio fare perché è stata una esperienza emotivamente molto forte, potente e da un certo punto di vista destabilizzante; di certo di straordinario valore. I partecipanti stessi, in una sala strapiena, muta e commossa, possono testimoniare come le parole di questi giovani abbiano contribuito, forse più di molte spiegazioni professionali, a comprendere quanto questo rapporto incredibilmente stretto, esclusivo e unico possa essere fonte di gioia, disagio, amore.
UN PESO CHE MI HA SOFFOCATO – Il primo a intervenire è Alessandro, 35 anni, fratello di una Spina Bifida di trent’anni. La sua testimonianza è forte, diretta, non lascia niente al buonismo e assai poco, purtroppo, all’ottimismo. “Ho sempre vissuto la disabilità di mio fratello come un peso che mi ha soffocato”, apre il suo intervento. Spiegherà poi: “La disabilità di mio fratello mi lascia impotente quando vedo che le porte si chiudono, viene lasciato solo, riceve pochi inviti ad uscire. Mio fratello ha trent’anni: molti alla sua età sono fidanzati, sposati…è difficile accettare questa distanza, questo rifiuto da parte degli altri. E io come fratello ne soffro. Il problema, a differenza magari di disabilità di tipo intellettivo, è che mio fratello capisce, è consapevole della situazione”.

 

LA PAURA DEL FUTURO CHE ARRIVA – Anche Ilaria, neanche trent’anni, è una sibling maggiore. Suo fratello Matteo è nato quando lei aveva sedici anni, e il nucleo familiare di lei – figlia di ragazza madre – si stava finalmente ricomponendo, grazie al nuovo compagno di mamma, che l’aveva anche adottata. “Quando è nato e abbiamo scoperto che aveva la Sindrome di Prader-Willi ho provato una sentimento di rabbia nei suoi confronti: lo ritenevo colpevole di aver minato la felicità della nostra famiglia. All’inizio ho addirittura rifiutato di far visita a lui e a mia madre in ospedale. Posso dire che gli volevo bene ma io non stavo bene. Poi ho spostato la rabbia da lui alla sua malattia, e la prospettiva è completamente cambiata. Oggi ovviamente siamo inseparabili, io mi sono rapportata alla disabilità anche al di fuori della mia famiglia (sono educatrice specializzata in riabilitazione equestre), e questo mi ha aiutato molto. Adesso, è innegabile, inizio a sentire il peso della sua crescita e la mia responsabilità a riguardo. Le implicazioni della sua disabilità sul suo futuro e sul mio. La preoccupazione sulla sua salute futura, ma anche penso molto ai miei genitori che sentono la colpa di lasciarmi questo peso. Io cerco di concentrami sulle cose positive e non pensarci per ora”.

 

ESSERE PER TUTTI LA SORELLA DEL DISABILEIrene è la terza di tre fratelli; quello di mezzo è Luca, con Spina Bifida. “Da che mi ricordi, la vita della famiglia è sempre stata organizzata secondo le sue esigenze: la mattina ci sono da fare cateteri, docce, colazioni per Luca…li fa la mamma. I nostri genitori ci hanno sempre cresciuti spiegandoci i bisogni di Luca. Quello che mi ricordo? Che ai compleanni non si potevano usare palloncini, perché Luca è allergico. A scuola, poi, io ero per tutti la sorella del disabile, ma da parte dei compagni c’era solo curiosità. Ho il mio carattere, ma le maestre attribuivano il mio modo di essere al fatto di avere un fratello disabile: è questo che dicevano ai miei. Nonostante Luca sia al centro della famiglia, i miei genitori non mi hanno mai fatto mancare nulla: ho sempre fatto gli sport che volevo, mi hanno lasciato fare”. L’impotenza e le paure del futuro emergono dolorosamente tra le righe di queste parole, che Irene pronuncia mentre le si incrina la voce: “Luca adesso passa la mattina in un centro, ma ora dimostra insofferenza. Non vuole uscire molto….”.

 

GENITORI, FATECI DECIDEREGabriele è il fratello di Alessandro, più grande di lui di cinque anni – sul palco con lui, sulla sua carrozzina e le tavoletta per parlare. Alessandro ha una Tetraparesi Spastica Distonica, ovvero – spiega Gabriele – “se vuole alzare una mano può essere che gli parta una gamba: non ha il controllo volontario dei muscoli”. Il discorso di Gabriele è quello di un fratello che, dal suo vissuto, dà dei consigli. “Uno: fate sentire la persona disabile parte di un gruppo. Non serve fare chissà che. Gli basta davvero essere calcolato come persona”. Lo dice perché una cosa che lo ha fatto soffrire è stato sentire su di sé la responsabilità del fatto che suo fratello sia accettato: “E’ tremendo, questo, per un sibling”. E, altra cosa che i genitori dovrebbero evitare, rispetto a questo delicato rapporto, secondo Gabriele: non dare al sibling l’impressione che si sia già deciso che lui sarà obbligato a occuparsene nel futuro: “Per un fratello è una cosa che fa soffrire, ed è difficilissimo parlarne”.

 

FRATELLI ADULTI COMPLICIRiccardo è il fratello maggiore di Giulia (e di Corrado), lei ha la Sindrome di Down, impegnatissima fra sport e altre attività, lei 33, lui 35 anni. “Capii alle elementari che avere una sorella diversa mi portava a essere vulnerabile”, dice Riccardo. “Ricordo che la concentrazione maggiore di attenzioni, in famiglia, era su Giulia. Le maestre stesse dicevano a mia mamma: stia tranquilla che Giulia se la cava; pensi anche agli altri due che ha a casa! Oggi il rapporto con Giulia è splendido: lei è super impegnata con lo sport, “abbiamo partecipato qualche anno fa agli Special Olympics negli Usa – l’ho accompagnata io – ed è stata una esperienza straordinaria. Inoltre Giulia ha un feeling straordinario coi miei due bambini: credo che loro riescano a vedere in lei la straordinaria persona che è”.

 

IL PUNTO DI VISTA DEL FRATELLO DISABILE – Interessante è stata anche la voce dall’altra parte, ovvero quella del fratello con disabilità. A raccontarcela c’era Stefano, 27 anni, sul palco con la sua carrozzina, a spiegarci con una buona dose di ironia che suo fratello lo aiuta a non adagiarsi. “Io sono un diversamente attivo: sono di una pigrizia abissale, e aspetto sempre che gli altri facciano le cose per me. Mio fratello, sedici anni, mi punzecchia, mi dice che devo arrangiarmi. E ha ragione. E poi, visto che so che odio questo termine, mi chiama scherzosamente handicappato: “così ti alleni a rispondere a quelli che te lo usano contro con cattiveria”, dice. E’ uno sprone, insomma, ma anche un compagno di attività: “Siamo andati a Roma a seguire il rugby insieme: lui dice che sono il solito privilegiato perché entro gratis dappertutto, e ne approfitta anche lui…”.

 

QUELLO CHE MI HA INSEGNATO MIO FRATELLO – Molto toccante è stata, infine, l’esperienza di un sibling adulto, letta dallo scrittore Luigi Dal Cin. E’ il racconto di un fratello maggiore, la forte gelosia da bambino perché i genitori si dedicavano a Paolo, due anni più piccolo. “Io allora facevo capricci col cibo (col quale ancora oggi ho qualche problema), mi ammalavo spesso. Quando aveva delle crisi epilettiche avevo sempre paura che potesse morire, così a volte di notte ricordo che stavo sveglio per sentire se respirava. Ricordo il fastidio che provavo ad essere osservato quando andavo in giro”; è un imbarazzo che da adulto si è trasformato in disagio a stare in luoghi pubblici, ancora oggi.
Poi questa testimonianza tocca un aspetto spesso frequente nei siblings: il senso di colpa. “Mi impedivo spesso di fare delle cose, pensando che lui non le poteva fare. Un esempio: non mangiavo le paste ai compleanni perché sapevo che lui non le poteva mangiare. Il senso di colpa è sempre stato molto forte, e mi ha spesso fatto vivere le cose a metà”.
Strascichi, insomma, che rimangono nel presente: “Ora posso dire che, anche se i disagi dell’infanzia non ci sono più, ci vuole molto tempo perché passino. Tuttavia credo anche che mi abbiano dato una sensibilità diversa”. “E poi, Paolo mi ha insegnato a vivere: a vivere nel presente…Paolo vuole vivere sempre! Lo hanno sempre “buttato” in mezzo alla gente, e lui ci sta! Mi ha anche insegnato la gioia e l’ironia: è lui che scherza sui suoi problemi. E mi ha insegnato l’amore: quello che dà e quello che chiede”.

L’angoscia dei genitori per il “dopo di loro”, quando i propri figli dovranno affrontare la vita da soli, con la loro disabilità, senza nessuno che se ne prenda cura. Per la prima una legge dello Stato sul “Dopo di noi” prova a dare loro una risposta.

90 milioni di euro previsti per il 2016

Con 312 voti a favore il testo unificato “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare” è stato approvato martedì pomeriggio in seconda lettura dalla Camera dei deputati, dopo le modifiche del Senato che avevano cercato di recepire i suggerimenti delle associazioni dei familiari. Contrario il Movimento 5 stelle, pur condividendo le finalità della legge. «Le associazioni delle persone con disabilità e i loro familiari hanno chiesto più servizi – afferma la deputata M5S, Giulia Di Vita –. Invece, con le agevolazioni previste per negozi giuridici prettamente privati, il provvedimento aiuta solo quelle famiglie che hanno già una disponibilità economica, cioè patrimoni che possono lasciare ai loro figli; quindi, potrà usufruire della legge una platea molto ristretta di persone con disabilità». «Con questa legge lo Stato si assume un impegno per dare risposte alle persone più fragili e restituire un po’ di serenità a tanti genitori – ribatte Ileana Argentin, prima firmataria di una proposta di legge poi confluita nel testo unificato approvato dalla Camera – . Ora finalmente ci sono fatti concreti perché per la prima volta c’è un fondo sociale specifico, pubblico, per il “dopo di noi”, con 90 milioni già previsti dalla legge di stabilità per il 2016».

Cosa prevede il provvedimento

Il provvedimento, composto da 10 articoli, disciplina le misure di assistenza, cura e protezione per le persone con disabilità grave prive di sostegno familiare, in quanto sono venuti a mancare entrambi i genitori o poiché gli stessi non sono in grado di fornire un adeguato sostegno. Il testo modificato dal Senato estende le tutele anche alle persone con disabilità che, pur avendo i genitori ancora in vita, non possono beneficiare del loro sostegno. È quindi prevista la progressiva presa in carico della persona interessata già durante l’esistenza in vita dei genitori, ovvero “durante noi” e, inoltre, si specifica che «le misure sono definite con il coinvolgimento dei soggetti interessati e nel rispetto della volontà delle persone con disabilità grave, ove possibile dei loro genitori o di chi ne tutela gli interessi».

In attesa dei Lep

L’articolo 2 fa riferimento al decreto che dovrà essere approvato sui Livelli essenziali delle prestazioni assistenziali (Lep) nel campo sociale, diritti che dovranno essere garantire su tutto il territorio nazionale. In particolare, nelle more del completamento del procedimento di definizione dei Lep, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con quello dell’economia e previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni, definisce gli obiettivi di servizio per le prestazioni da erogare, con decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Rimanere a casa

La legge istituisce (all’art. 3) il «Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare» presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione di 90 milioni di euro per il 2016, di 38,3 milioni per il 2017 e di 56,1 milioni annui a decorrere dal 2018. Il Fondo è destinato, in particolare, ad «attivare e potenziare programmi volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione, di supporto alla domiciliarità in abitazioni o gruppi-appartamento che riproducano le condizioni abitative e relazionali della casa familiare e che tengano conto anche delle migliori opportunità offerte dalle nuove tecnologie, al fine di impedire l’isolamento delle persone con disabilità grave».

Limiti a soluzioni abitative extrafamiliari

In seguito alle critiche delle associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari che temono, dopo di loro, il ricovero in istituto dei loro cari, al Senato erano stati introdotti dei limiti alla possibilità di ricorrere a soluzioni abitative extrafamiliari, seppur temporanee e in caso di emergenza. Ora il nuovo testo dell’articolo 4 prevede che sarà possibile realizzare solo «ove necessario e, comunque, in via residuale, nel superiore interesse delle persone con disabilità grave, interventi per la permanenza temporanea in una soluzione abitativa extrafamiliare per far fronte ad eventuali situazioni di emergenza, nel rispetto della volontà delle persone con disabilità grave, ove possibile, dei loro genitori o di chi ne tutela gli interessi».

Polizze assicurative, trust e altri negozi giuridici

Per i premi assicurativi sul «rischio di morte finalizzato alla tutela delle persone con disabilità grave accertata» l’importo che sarà possibile detrarre dalle tasse passa da 530 a 750 euro. Uno dei punti più contestati della legge approvata in prima lettura dalla Camera, è stato il trust (istituto giuridico che garantisce una protezione legale tramite un rapporto fiduciario tra chi dispone di un bene e lo affida a un soggetto che deve amministrarlo in suo nome ndr) in favore di persone con disabilità grave. Il principale timore dei genitori che non hanno un patrimonio da lasciare ai loro figli è che possano essere ricoverati in istituti o residenze protette, quando loro non ci saranno più. Il Senato ha accolto alcune richieste delle associazioni, ampliando esenzioni ed agevolazioni tributarie previste per i trust ad altri negozi giuridici già esistenti, quindi con una maggiore possibilità per le famiglie di scegliere. Il nuovo articolo 6 prevede che i trasferimenti di beni (materiali o immateriali) per causa di morte, mediante donazione, trust o a titolo gratuito, saranno esonerati dal pagamento dell’imposta di successione e donazione a condizione che «perseguano come finalità esclusiva l’inclusione sociale, la cura e l’assistenza delle persone con disabilità grave, in favore delle quali sono istituiti».

fonte

http://www.corriere.it/salute/disabilita/16_giugno_14/disabili-legge-dopo-noi-quando-genitori-non-ci-saranno-piu-4008f2b2-3248-11e6-9479-1c0658e56669.shtml

Uno dei tasselli più qualificanti della riforma della scuola è costituito dall’intervento sul sostegno che prevede un cambiamento significativo nell’inclusione dei disabili nel sistema educativo italiano. La riforma del sostegno prevede, tra le altre cose, una formazione maggiore per gli insegnanti specializzati sulle diverse forme di disabilità.

Davide Faraone, il responsabile scuola per il Pd, ha presentato il progetto di riforma del sostegno scolastico spiegando “La proposta fa cardine su quattro aspetti principali:

  • formazione degli insegnanti e continuità educativa;
  • garanzia dei diritti degli alunni;
  • migliore organizzazione territoriale;
  • rapporti con le famiglie”.

Con norme apposite si intende garantire la continuità educativa affiancandola, laddove è necessaria, con l’assistenza nell’istruzione domiciliare ma si è prevista anche la possibilità di somministrare farmaci a scuola. Una vera rivoluzione la proposta di legge elaborata dallaFish e sostenuta dal Pd e dallo stesso ministro Giannini, con la quale si vuol provare a superare la delega al docente di sostegno e si prova a puntare, appunto, alla formazione dei docenti stessi.

La proposta ha origine da un testo presentato dalla deputata Pd Katia Zanotti nel 2006, il testo però non ebbe seguito a causa della fine della legislatura lasciando alla scuola tutte le criticità legate all’inclusione scolastica.

L’originaria proposta di legge del 2006 è stata ripresa, poi, quando nel 2012 fu emanato il Dpr del 4 ottobre con il quale veniva approvato dal Governo il Piano d’azione per attuare la Convenzione Onu sulla disabilità del 2006. La proposta di legge fu integrata e arricchita con soluzioni più attuali e include, ad oggi, 17 articoli. Di seguito la sintesi dei punti della proposta di legge:

  • Il progetto di inclusione dovrà essere preso in carico da tutti i docenti curriculari e non solo da quelli di sostegno “attraverso una partecipazione corresponsabile alla predisposizione, all’attuazione e alla verifica del Piano Educativo Individualizzato”. Si pone l’accento anche sull’ “’obbligo di formazione iniziale ed in servizio per i dirigenti e per i docenti sugli aspetti pedagogico-didattici ed organizzativi, dell’inclusione scolastica”. L’articolo 1 della proposta di legge prevede, come anticipato sopra, la garanzia di poter somministrare farmaci durante l’orario scolastico laddove ci sia una prescrizione sanitaria sulle modalità a cui si aggiunge anche la “individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali necessarie a realizzare l’inclusione scolastica”. Tali obiettivi e tali garanzie saranno estese anche a tutti gli alunni con Bes.
  •  Per l’inclusione sociale delle persone con disabilità è stata prevista l’istituzione di un Comitato interministeriale presso la presidenza del Consiglio dei Ministri per indirizzare l’inclusione e la tutela dei diritti delle persone con disabilità. – Per gli insegnanti di sostegno sarà richiesta una preparazione specialistica attraverso una laurea per il sostegno attraverso l’istituzione di quattro diversi indirizzi per il sostegno didattico: uno per la scuola dell’infanzia, uno per la primaria, uno per la scuola secondaria di primo grado e uno per la scuola secondaria di secondo grado.
  • Nella proposta di legge è dedicato un ampio spazio al percorso formativo dei docenti di sostegno, sia iniziale che in servizio, ma anche alla formazione dei docenti curriculari. Per i docenti di sostegno sono previsti percorsi specifici, “la formazione iniziale dei docenti di scuola dell’infanzia e primaria e di scuola secondaria di primo e secondo grado deve obbligatoriamente prevedere almeno 30 crediti formativi universitari vertenti sugli aspetti della didattica per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con altri bisogni educativi speciali, come condizione necessaria per l’abilitazione all’insegnamento”. Alla stesura del Piano didattico personalizzato per gli alunni disabili e con bisogni speciali, sono inoltre tenuti a partecipare “all’inizio di ogni anno scolastico, prima dell’avvio delle lezioni, tutti i docenti delle classi cui sono iscritti alunni con bisogni educativi speciali certificati” si legge.
  •  La rivendicazione principale della Fish riguarda la continuità didattica, affrontata nell’articolo 6 della proposta di legge; è previsto per i docenti di sostegno a tempo determinato che prendono servizio in classi non terminali, un contratto biennale nella stessa sede (contratto legato però alla disponibilità della sede stessa, mentre i docenti a tempo indeterminato seguiranno gli alunni disabili per l’intero ciclo.
  •  Per quanto riguarda la certificazione della disabilità sono previste importanti novità che porteranno ad una semplificazione degli atti burocratici ad essa legati. La diagnosi funzionale ed il profilo dinamico funzionale saranno sostituiti dal Profilo di funzionamento alla cui formulazione parteciperanno anche le famiglie, un docente dell’alunno e gli operatori della Asl.
  •  Nell’articolo 8 della proposta si ribadisce la storica richiesta della Fish per la creazione “di un sistema di rilevazione dei dati che consenta in tempi reali di conoscere tra l’altro l’andamento del numero di alunni con disabilità, dei docenti per il sostegno didattico, il numero di assistenti per l’autonomia e la comunicazione, il numero di alunni nelle loro classi e quello degli stessi alunni con disabilità nelle classi”.
  •  I docenti di sostegno, il cui numero fino ad ora è stato ritenuto insufficiente, giungeranno nell’arco di un triennio a coprire i posti disponibili (con numero pari a 110.000). I posti confluiranno nell’organico di rete e tramite il Piano Annuale per l’inclusività saranno assegnati in base alle necessità.
  •  Per frenare l’aumento del numero dei ricorsi per indurre l’aumento del numero delle ore di sostegno si introdurrà l’obbligo della conciliazione, da esprimere in tempi molto brevi prima di agire in giudizio.

In una lunga intervista Marco Rossi Doria, sottosegretario all’Istruzione con delega ai servizi per l’integrazione degli alunni disabili, ha spiegato che l’approccio che ha portato alle linee guida su cui si è basata la proposta di legge si basa sull’idea che l’azione educativa deve poter evidenziare e rafforzare tutto ciò che l’alunno con disabilità è o sarà in grado di fare in futuro e non su quello che non potrà mai fare.

 

 

fonte

 

http://www.orizzontescuola.it/news/riforma-del-sostegno-ecco-come-cambier-l-inclusione-dei-disabili-nella-scuola

L’autismo entra ufficialmente nei nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea), con un finanziamento ad hoc di 50 milioni di euro: i trattamenti e la diagnosi precoce di tale malattia, che in Italia secondo le stime colpisce tra le 300mila e le 500mila persone, saranno dunque garantiti gratuitamente, o con il pagamento di un ticket a tutti i cittadini e sull’intero territorio nazionale. Un grande passo avanti previsto nella legge sull’autismo approvata a luglio e che, per tante famiglie, si dovrebbe tradurre in un aiuto concreto. Saranno dunque garantiti gli esami e le attività per l’individuazione e la diagnosi precoce del disturbo – che determina deficit nella interazione e nella comunicazione sociale -, ma anche la valutazione multidisciplinare del paziente e gli interventi di riabilitazione e recupero delle capacità a diversi livelli e in relazione alla compromissione delle funzioni. L’obiettivo è quello di garantire un’assistenza uniforme in tutte le regioni poiché al momento, in Italia, l’assistenza alle disabilità intellettive segue percorsi a macchia di leopardo, con realtà di eccellenza e altre di non eccellenza. «Ma non possiamo più accettare – ha detto il ministro Beatrice Lorenzin – tali disparità nel Servizio sanitario nazionale».

Il Caregiver familiare potrebbe uscire dalla sua “invisibilità”, ricevendo anche in Italia quel riconoscimento giuridico che in gran parte dei Paesi europei ha già ottenuto da tempo.

Le legislazioni nei diversi Stati europei prevedono specifiche tutele per i caregiver familiari, tra le quali supporti di vacanza assistenzali, benefici economici e contributi previdenziali, come avviene in Francia, Spagna e Gran Bretagna ma anche in Polonia, Romania e Grecia. Non così invece in Italia, dove manca una piena coscienza e un’adeguata tutela per queste figure.

Per dare una risposta è stato presentato un ddl a prima firma Laura Bignami del Gruppo Misto, che verrà illustrato mercoledì 6 aprile a palazzo Madama, finalizzato a “riconoscere e tutelare il lavoro svolto dai caregiver familiari e a riconoscere il valore sociale ed economico per la collettività”.

Il ddl, in sette articoli, introduce “il riconoscimento della qualifica di caregiver familiari a coloro i quali in ambito domestico si prendono cura, a titolo gratuito, di un familiare o di un affine entro il secondo grado che risulti convivente ovvero di un minore dato in affidamento, che a causa di una malattia o disabilità necessita di assistenza continua, per almeno 54 ore settimanali”.

I caregiver familiari, spiega infatti la relazione introduttiva al ddl, vivono in una condizione di abnegazione quasi totale, che compromette i loro diritti umani fondamentali: quelli alla salute, al riposo, alla vita sociale e alla realizzazione personale. Non solo, l’impegno costante del caregiver familiare prolungato nel tempo può mettere a dura prova l’equilibrio psicofisico del prestatore di cure ma anche dell’intero nucleo familiare in cui è inserito.

I caregiver, inoltre, operano in un quadro sociale-assistenziale drammatico, caratterizzato da: continui tagli a livello nazionale e locale dei fondi destinati al sostegno delle famiglie in cui vive una persona non autosufficiente; costi sempre maggiori delle Residenze sanitarie assistenziali, che offrono servizi spesso non adeguati; parcellizzazione delle risposte assistenziali ormai rivolte solo ad alcune specifiche categorie.

A distinguere la proposta di Bignami è l’accento posto sulle tutele in quattro settori. Primo, previdenziale: è riconosciuta la “copertura di contributi figurativi, equiparati almeno a quelli da lavoro domestico, a carico dello Stato per il periodo di lavoro di assistenza e cura effettivamente svolto in costanza di convivenza, a decorrere dal momento del riconoscimento di handicap grave del familiare assistito. Tali contributi si sommano a quelli eventualmente già versati per attività lavorative, al fine di consentire l’accesso al pensionamento anticipato al maturare dei trenta anni di contributi totali”.

Secondo, tutela della salute: “sono riconosciute le tutele previste per le malattie professionali ovvero per le tecnopatie riconosciute ai sensi delle tabelle allegate al testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”. Terzo, tutela assicurativa: “è prevista la copertura assicurativa a carico dello Stato con rimborso delle spese sostenute per la vacanza assistenziale nei periodi di impossibilità di prestare il lavoro di cura da parte dello stesso caregiver familiare, durante i periodi di malattia o infermità certificati, a tutela del suo diritto alla salute”.

Quarto, tutela del lavoro e del reddito: “Il caregiver familiare è equiparato ai soggetti beneficiari della legge 12 marzo 1999, n. 68, ai fini del riconoscimento del diritto al lavoro. Tale diritto deve essere garantito, su richiesta del lavoratore caregiver, anche utilizzando la modalità del telelavoro, con l’obbligo per il datore di lavoro di consentire il passaggio a mansioni che si prestino a tale modalità”.

Ad illustrare la proposta alle 17:30 al Senato, nella Sala Caduti di Nassirya, interverranno tra gli altri la senatrice Laura Bignami (Gruppo X), la senatrice Anna Cinzia Bonfrisco (Gruppo Conservatori riformisti italiani), il senatore Aldo di Biagio (gruppo Ap -Ncd-Udc), la senatrice Loredana de Petris (gruppo Sinistra Italiana – Sinistra ecologia libertà), la senatrice Anna Finocchiaro (gruppo Pd) e Maria Simona Bellini, presidente del Coordinamento nazionale famiglie disabili. A moderare l’incontro Paola Severini Melograni, direttrice di Angelipress.

fonte

http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2016/04/05/disabili-arriva-ddl-caregiver-familiari-saranno-riconosciuti-per-legge_HQygK8xq5o745pHSCJa1wJ.html?refresh_ce

La scorsa primavera l’esecutivo si era appellato ai giudici amministrativi in seguito alle sentenze del Tar del Lazio, che avevano accolto i ricorsi delle associazioni dei portatori di handicap contro il nuovo sistema di calcolo che somma le pensioni di invalidità al reddito. Facendo perdere il diritto ad altri importanti benefici.

L’indennità di accompagnamento per i disabili non può essere conteggiata come reddito. Parola del Consiglio di Stato che boccia la posizione del governo Renzi sul nuovo Isee. La scorsa primavera l’esecutivo si era appellato ai giudici amministrativi in seguito alle sentenze del Tar del Lazio, che avevano accolto i ricorsi delle associazioni dei portatori di handicap contro il nuovo sistema di calcolo che somma le pensioni di invalidità al reddito. Facendo perdere il diritto ad altri importanti benefici. “Deve il Collegio condividere l’affermazione degli appellanti incidentali – si legge nella sentenza depositata lunedì 29 febbraio – quando dicono che ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – e i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni non un sostegno al disabile, ma una ‘remunerazione’ del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l’art. 3 della Costituzione“. In pratica, le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate come reddito.

Tutto era nato con il varo del nuovo Isee da parte del governo Letta, poi entrato in vigore sotto l’esecutivo Renzi, dopo che un decreto del ministero del Lavoro aveva predisposto i nuovi modelli per la dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) a fine Isee. Le modifiche, pensate anche per rendere il modello meno permeabile a elusioni e abusi, hanno coinvolto milioni di persone, visto che la dichiarazione Isee è indispensabile per l’accesso a prestazioni sociali agevolate e aiuti per le situazioni di bisogno. Uno degli aspetti più criticati era proprio l’inserimento dei contributi ricevuti a fine assistenziale nel conteggio nel reddito, cosicché per esempio il titolare di assegni e altre indennità sarebbe risultato in molti casi “ricco” e avrebbe paradossalmente perso il diritto a ulteriori aiuti o per esempio l’accesso alle case popolari. “Io sono madre di un ragazzo costretto a letto che ha diritto a due indennità, come invalido civile e come non vedente – aveva raccontato a ilfattoquotidiano.it Chiara Bonanno, una delle coordinatrici di Stop al nuovo Isee -. Ora questi soldi faranno reddito e avranno conseguenze sulla mia richiesta di affitto agevolato nelle case popolari, nonostante abbia lasciato il lavoro per assistere mio figlio. Noi siamo considerati più ricchi rispetto a una famiglia senza handicap, con una madre vedova e un figlio che risultino senza occupazione, magari perché lavorano in nero. Il problema è questo”.

Sono casi come questo che hanno dato il via ai ricorsi accolti dal Tar ormai un anno fa. I giudici non avevano ritenuto idonee le franchigie introdotte dal governo proprio per abbattere la parte di reddito derivante dai contributi di tipo assistenziale, previdenziale e indennitario. Per questo era stata annullata quella parte del decreto del presidente del Consiglio che considerava come parte del “reddito disponibile” tutti quei proventi “che l’ordinamento pone a compensazione della oggettiva situazione di svantaggio, anche economico, che ricade sui disabili e sulle loro famiglie”. Annullata anche la parte di regolamento del nuovo Isee che prevedeva franchigie variabili a seconda che il disabile sia maggiorenne o minorenne: “Non si individua una ragione – recitava la sentenza – per la quale al compimento della maggiore età una persona con disabilità sostenga automaticamente minori spese ad essa correlate”.

Ma il governo e, in particolare, la presidenza del Consiglio e i ministeri del Lavoro e dell’Economia, non si sono adeguati ai rilievi del tribunale amministrativo e, anziché modificare il decreto, hanno deciso di presentare ricorso al Consiglio di Stato. “Sentiti gli uffici competenti dell’amministrazione finanziaria in merito alla richiesta di rafforzare le misure agevolative in favore dei soggetti disabili e delle loro famiglie – aveva spiegato in aula il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti – giova ribadire che qualsivoglia iniziativa normativa dovrà necessariamente tener conto degli effetti negativi sui saldi di finanza pubblica per i quali è opportuno reperire idonei mezzi di copertura finanziaria”. Per questo motivo “la Presidenza del Consiglio dei ministri ha manifestato di condividere la posizione espressa dal ministero (del Lavoro e delle politiche sociali) in ordine all’opportunità di proporre appello dinanzi al Consiglio di Stato, previa sospensione dell’esecutività delle sentenze impugnate”.

“Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest’ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva – spiega oggi il Consiglio di Stato -. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa”. Pertanto, “la «capacità selettiva» dell’Isee, se deve scriminare correttamente le posizioni diverse e trattare egualmente quelle uguali, allora non può compiere l’artificio di definire reddito un’indennità o un risarcimento, ma deve considerarli per ciò che essi sono, perché posti a fronte di una condizione di disabilità grave e in sé non altrimenti rimediabile”.

Quanto al sistema delle franchigie, i giudici amministrativi di appello sottolineano come “non può compensare in modo soddisfacente l’inclusione nell’Isee di siffatte indennità compensative, per l’evidente ragione che tal sistema s’articola sì in un articolato insieme di benefici ma con detrazioni a favore di beneficiari e di categorie di spese i più svariati, onde in pratica i beneficiari ed i presupposti delle franchigie stesse sono diversi dai destinatari e dai presupposti delle indennità”. Infine “non convince il temuto vuoto normativo conseguente all’annullamento in parte qua di detto DPCM, in quanto, in disparte il regime transitorio cui il nuovo Isee è sottoposto, a ben vedere non occorre certo una novella all’art. 5 del DL 201/2011 per tornare ad una definizione più realistica ed al contempo più precisa di «reddito disponibile». All’uopo basta correggere l’art. 4 del DPCM e fare opera di coordinamento testuale, giacché non il predetto art. 5, c. 1 del DL 201/2011 (dunque, sotto tal profilo immune da ogni dubbio di costituzionalità), ma solo quest’ultimo ha scelto di trattare le citate indennità come redditi”.

FONTE

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/29/nuovo-isee-consiglio-di-stato-boccia-governo-su-disabili-indennita-e-un-sostegno-non-una-remunerazione-per-invalidita/2506648/

Dure critiche da parte della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Sinpia) all’indomani della pubblicazione della legge di stabilità regionale 2016 per la Regione Campania. All’articolo 8, comma 6 si legge infatti che il “percorso diagnostico terapeutico personalizzato (PDTA)” per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico debba prevedere “l’adozione del metodo Analisi Comportamentale Applicata (ABA) come metodologia a cui ispirare tutti gli interventi”.

“La scelta di ricondurre la totalità degli interventi rivolti ai soggetti affetti da autismo al solo metodo ABA appare “oltre che priva di fondamento scientifico, capace di generare effetti pregiudizievoli sui pazienti, e sulle loro famiglie”, denuncia Carmela Bravaccio, professore associato di Neuropsichiatria infantile presso l’Università Federico II di Napoli e consigliere nazionale della Sinpia, in una lettera al Presidente della Giunta regionale e al Ministro della Salute per chiedere la rettifica dell’articolo. Un’indicazione legislativa, osserva, che non sembra tenere conto della complessità e dell’eterogeneità che caratterizzano i disturbi dello spettro autistico e delle evidenze scientifiche che dimostrano l’efficacia di altri approcci mediati dai genitori, di supporto per la comunicazione sociale e l’interazione, basati su programmi educativi, di terapia cognitivo-comportamentale. Nella legge viene evidenziato come questa indicazione sia posta “nel rispetto delle linee guida di neuropsichiatria infantile”. E tuttavia va sottolineato che non esiste una “linea guida di neuropsichiatria infantile”. Nel 2006 la Sinpia ha elaborato le ‘Linee guida per l’Autismo’, nelle quali è chiaramente specificato come non ci sia un unico intervento che vada bene per tutti i bambini autistici. Un’osservazione che trova riscontro anche nelle linee guida su “Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti” emesse nel 2011 dall’Istituto Superiore di Sanità e nelle “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore dei disturbi pervasivi dello sviluppo, con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico” approvate in Conferenza Stato-Regioni nel novembre 2012.

“L’indicazione rischia inoltre di essere pericolosa in assenza di una diagnosi precisa – sottolinea Goffredo Scuccimarra, segretario regionale per l’area campano-molisana della Sinpia -. L’intervento ABA potrebbe risultare non solo inappropriato ma addirittura dannoso in talune situazioni cliniche, che esordiscono con sintomi simili a quelli del disturbo dello spettro autistico ma si delineano meglio nel tempo e si differenziano dall’Autismo per cause, caratteristiche evolutive, prognosi, cura”.

fonte

http://www.anep.it/newsnoiep.php?pageid=2265

Come associazione non si hanno predilezioni per questo e/o quall’altro metodi di riabilitazione o cognitivo-comportamentale e/o di rieducazione psicosensoriale. Siamo convinti che solo la personalizzazione degli interventi sul soggetto disabile possa essere il gold standard.

Vero è che non è pensabile che in una legge si favorisca un solo metodo, l’ABA, non riconoscendo altro.

A voi la lettera aperta della Presidente SINPIA prof.ssa ANTONELLA COSTANTINO

 

SINPIA è attiva da molti anni sul tema autismo, e sulla necessità di garantire ai bambini e alle famiglie gli opportuni interventi basati sulle evidenze. Ha pubblicato nel 2004 il primo documento di riferimento italiano (le cosiddette “linee guida per l’autismo” SINPIA), e dal quel momento in poi è stata sempre attiva in tutti gli ambiti istituzionali opportuni: ha spinto per l’istituzione del Tavolo di Lavoro Autismo del Ministero della Salute del 2008 ed ha partecipato ai lavori, ha ampiamente contribuito alla stesura delle Linee guida ”Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti” del 2011 dell’Istituto Superiore di Sanità, ha contribuito  alla redazione e all’approvazione delle “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali  nel settore dei disturbi pervasivi dello sviluppo con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico” approvate in Conferenza Unificata Stato-Regioni nel 2012. A tutti questi documenti ha dato ampia diffusione, con i soci e non, e in particolar modo lo ha fatto per quanto riguarda i contenuti delle Linee Guida 2011.

Altro è però quanto è accaduto in Regione Campania, dove un solo approccio, ancorchè basato su evidenze, è stato inserito in una legge. Le leggi devono indicare chi ha diritto agli interventi, chi ha il dovere di erogarli e quali sono i passaggi attraverso i quali si garantirà concretamente la fruibilità del diritto. Devono inoltre indicare che gli interventi garantiti devono essere basati sulle migliori evidenze scientifiche disponibili. Non possono però indicare un metodo in particolare, prima di tutto perché le evidenze scientifiche cambiano molto più rapidamente delle leggi, ed in secondo luogo perché in nessuna area della medicina vi è un unico intervento efficace. Sta alle linee guida indicare quali sono gli interventi efficaci e quelli non efficaci o addirittura controproducenti, ed è alle linee guida che le leggi devono fare riferimento.

Forse le linee guida italiane sono già da aggiornare? Certamente, e soprattutto da ampliare al più presto con la parte relativa all’adulto. Per quanto riguarda l’età evolutiva non ci sono però grandi novità, e anche i documenti più recenti[1] continuano ad indicare principalmente tre strategie di trattamento: quelle comportamentali (basate prevalentemente sull’ABA ma ora anche su strategie cognitivo-comportamentali di terza generazione), quelle comunicative (le metodologie della comunicazione aumentativa e di potenziamento della reciprocità sociale e della comunicazione  pragmatica) e quelle educative (con programmi strutturati di tipo educativo l’Early Start Denver Model  e il Treatment and Education  of Autism and related Communication handicapped  Children  TEACCH), e sottolineano comunque l’importanza della personalizzazione dell’intervento e del coinvolgimento partecipativo delle famiglie.

Ma dire quali sono le evidenze, e che ad esse bisogna attenersi non basta. Non stiamo parlando di antibiotici, e non basta quindi che sia scritto nelle linee guida cosa è appropriato e cosa no perché possa essere applicato. Né basta dire nei LEA che gli interventi per l’autismo vanno garantiti. Stiamo parlando di interventi terapeutici e riabilitativi, che richiedono servizi multi-professionali con personale in quantità e qualità adeguata e con la strutturazione di una formazione permanente tale da permettere agli operatori stessi di erogare gli interventi basati sulle migliori evidenze scientifiche disponibili.  Negli ultimi 10 anni, nelle (poche) regioni che hanno strutturato un sistema di servizi di  Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza,  il numero dei pazienti seguiti è quasi raddoppiato (+5% nuove richieste all’anno dal 2004 ad oggi), mentre il numero degli operatori continua a diminuire (-10% solo nell’ultimo anno) e nella maggior parte dei casi nessuna risorsa è dedicata alla formazione. Il risultato è che ogni utente riceve percorsi di cura più scarni, sempre meno basati sulle evidenze e meno personalizzati. Le famiglie si trovano a dover ricorrere sempre di più al privato, senza alcuna garanzia della qualità del servizio che ricevono e con costi rilevanti che in tempi di crisi economica sono sempre meno in grado di sostenere.

Se le leggi continuano a non indicare i passaggi attraverso i quali si intende garantire concretamente la fruibilità del diritto, con quali risorse umane ed economiche, con quali strutture organizzative e con quali modi per affrontare le criticità esistenti ed in particolare per garantire la formazione necessaria, resteranno lettera morta, come purtroppo troppo spesso è successo e succede in Italia.

ANTONELLA COSTANTINO

Presidente SINPIA

fonte

http://www.pernoiautistici.com/2016/02/7803/