L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità è sempre attuale e non scevra da numerosi problemi ancora non risolti.
L’inserimento di questi alunni nella scuola del nostro Paese, avviato ormai da molti anni, non sempre è diventato sinonimo di integrazione che, per essere intesa come fattore di qualitàdella scuola e dell’intera società (anche perchè ne viene coinvolto tutto il contesto nel quale è inserito l’alunno con disabilità, da quello scolastico a quello sociale), esige progettualità e pianificazione quali presupposti necessari per qualsiasi lavoro di rete.
I vari tentativi metodologico-didattici di individualizzare e personalizzare l’apprendimento si sono spesso rivelati non producenti sul piano della socializzazione; viceversa, quando si è privilegiata la dimensione della socializzazione, i risultati sono stati deludenti sul piano dello sviluppo delle abilità cognitive.
Il processo d’integrazione esige la convergenza del principio didattico della personalizzazione con quello della socializzazione, nel quadro di progetti comuni ben definiti e di figure docenti che devono possedere competenze relazionali ed affettive oltre che disciplinari.
Nel processo d’integrazione scolastica dell’alunno con disabilità, ciò che conta è che le persone che intervengono nella relazione educativa si sforzino di cercare e fornire risposte a quelle che possono essere i suoi “bisogni specifici”, nella classe e nella scuola che frequenta, non dimenticando che è “persona integrata” quella persona che, con un suo posto nel gruppo, conserva la propria identità diversa dalla altre, la propria diversità quale caratteristica peculiare del modo di essere persona.
La consuetudine di far fare all’alunno con disabilità attività spesso diverse dal resto della classe o, peggio ancora, di portarlo quasi sempre fuori dall’aula della sua classe, certamente non aiuta il vero processo di integrazione. Ciò vuole anche significare che la didattica individualizzata non dev’essere fine a se stessa, ma dev’essere funzionale ad un progetto di rete ben definito.
Una didattica funzionale non può porre i contenuti delle varie discipline al centro del processo insegnamento-apprendimento. Essa deve intendere i contenuti come stimolo percepibile e utilizzabile da tutti gli alunni, nel quadro della convinzione socio-pedagogica che le “diversità”, ormai presenti in ogni classe, non sono “incidenti da normalizzare al più presto”, ma “occasioni”, condividendo il concetto, sempre più attuale, che “l’eterogeneità è la normalità”.
La consuetudine, poi, che l’alunno con disabilità necessita di un intervento specializzato che solo l’insegnante di sostegno può dargli, in quanto docente-specializzato, è fuorviante e genera confusione fra didattica e terapia. L’alunno diversamente abile non può essere ridotto alla sua disabilità e inserito per questo in un settore speciale che, in quanto tale, lo distoglie dal normale lavoro della classe.
Questo non significa sottovalutare l’esigenza educativa speciale dell’alunno diversamente abile; vuole invece sottolineare la necessità di agire all’interno di un progetto chiaro che preveda l’interazione degli interventi dei docenti curricolari e dell’insegnante di sostegno. In questa esigenza d’interscambio, l’insegnante di sostegno dev’essere considerato un docente che ha il compito prioritario di creare e mantenere validi i rapporti tra l’alunno disabile, i docenti e gli altri alunni della classe e della scuola.
Anche per questo l’insegnante di sostegno ha, oggi, nuovi e più impegnativi compiti in quanto non è solo di sostegno all’alunno con disabilità, ma lo è a tutto il gruppo classe, contribuendo a stimolare una reciproca collaborazione e, quindi, una funzionale integrazione. L’insegnante di sostegno, in altre parole, ha come compito anche quello di creare le condizioni ottimali per favorire la socializzazione e l’apprendimento, non solo dell’alunno con disabilità, ma, di tutti gli componenti il gruppo classe, considerato che l’apprendimento degli alunni non può prescindere dal contesto relazionale.
La stessa normativa vigente sottolinea più volte che il docente di sostegno è un operatore dei rete con il compito precipuo di favorire la comunicazione e la collaborazione con i colleghi di classe, con il dirigente scolastico, con il personale ATA, con gli alunni e con le persone dei servizi socio-sanitari.
L’integrazione scolastica dei “diversi” è anche un compito di tutti. Impegnarsi per la dignità dell’alunno con disabilità significa impegno tendente ad affermare il valore della persona; significa lotta per una società migliore nella quale ciascun membro possa cogliere in sè e negli altri un significato profondo che, nello stesso tempo, distingue e accomuna!
fonte
http://oltrelostretto.blogsicilia.it/la-scuola-e-gli-alunni-disabili-ancora-tanti-problemi-irrisolti/321260/